venerdì, novembre 17, 2006

il cavallo come sorcio fa schifo

Un destriero che corre nella prateria. Per la convenzione è un animale nobile e bello. Un ratto che vaga nelle fogne nella stessa convenzione è ignobile e schifoso. Ma prova a mettere un cavallo in una fogna!
Si potrebbe concludere: se sei un ratto, trova la tua fogna e hai risolto. Invece il bello, per noi uomini, è che, biologicamente, possiamo vivere nella prateria come nella fogna, possiamo costruire ovunque un habitat "giusto" per le nostre esigenze. Abbiamo una capacità favolosa di adeguamento al contesto. Ecco perchè dal punto di vista dell'evoluzione siamo animali di "successo".
Invece la sensazione più diffusa tra gli occidentali del terzo millennio sembra essere, stranamente, l'inadeguatezza. Forse dovremmo solo smettere di rincorrere modelli, di costruire processi di identificazione, di ruolo. Di sentirci sorci e sognarci cavalli. O essere aquile, credersi polli e magari di quelli che cercano di volare.

martedì, settembre 19, 2006

public speaking e sindrome da debutto

Parlare in pubblico per molti ha a che fare con mani che sudano, arti tremolanti, occhi che vagano atterriti per la sala, batticuore, fifa blu. Con gradi diversi di gravità che talvolta fanno annoverare questa esperienza fra le meno piacevoli.

Ma perché, pur essendo preparati, il cervello si annebbia e le parole non vengono?

Quasi sicuramente la ragione è che ci siamo preparati, anche molto accuratamente, in un ambiente asettico, privo di emotività, limitando la nostra preparazione ai soli tragitti mentali dell’esposizione. Improvvisamente, nel momento della “performance”, ci troviamo immersi in un contesto altamente emotivo, condizionato da fruitori che con la loro semplice presenza aspettano di essere coinvolti. In quel momento, in modo del tutto naturale, l’emozione chiama in causa il corpo, modificando respirazione, battito cardiaco, coordinamento motorio, rilascio di particolari sostanze chimiche (ad esempio l’adrenalina).
E’ evidente che questo “innescarsi” del corpo causato dall’emotività è un fattore di disturbo, per un’esposizione nata come progetto mentale.
Ecco perché una sensibilità glaciale riesce a mantenere più facilmente l’organizzazione mentale. Ma non sarà mai un’oratore emozionante e trascinante. Così come chi tenta di difendersi dall’emozione del parlare in pubblico creando “abituazione” (ad esempio ripetendo moltissime volte il discorso): tenderà comunque a separarsi dallo spazio comunicativo. In entrambi i casi viene a mancare il fattore fondamentale della relazione.

Prepararsi a comunicare davanti ad una platea significa dunque mantenere costantemente attivi ed integrati corpo, mente ed emozione. Senza questa azione integrata è impossibile immaginare una comunicazione autentica .

domenica, maggio 28, 2006

voce e comunicazione

La comunicazione orale viene organizzata dai suoni del linguaggio (fonemi), ed è coadiuvata da una vasta serie di segnali extra-verbali (ampie vestigia del passato), volti a sostenere il significato dell’informazione in uscita.
Questi segnali vengono solitamente riconosciuti e divisi in tre gruppi: psicologici, sonori e fisici.

Per “segnali psicologici” si intende la nostra capacità di saper aderire consciamente agli aspetti contestuali emergenti all’interno di un dato evento comunicativo.
Una capacità molto complessa, che a livello evolutivo è insorta solo recentemente e che interessa principalmente i centri di “attenzione superiore” (coscienza). Stiamo, in sostanza, parlando della capacità di comunicare a “l’altro da sé”.

I “segnali sonori” legati agli aspetti prosodici della comunicazione orale vengono distinti in tre funzioni:
- la prosodia intrinseca, legata al profilo intonativo di un enunciato (che consente, ad esempio, di distinguere una frase affermativa da una interrogativa);
- la prosodia intellettiva, relativa alle funzioni di accentuazione delle diverse componenti enunciative (per cui possiamo comprendere il significato sarcastico della frase: "sei proprio simpatico", nel caso in cui l'accento sia posso sul termine "proprio");
- la prosodia emotiva, relativa alla funzione di espressione delle emozioni mediante il linguaggio (con la quale possiamo distinguere, ad esempio, il profilo della rabbia da quello della tristezza).
Delle tre, la funzione della prosodia emotiva è sicuramente la più importante, in quanto costituisce un costrutto complesso, caratterizzato da proprietà specifiche. La prosodia emotiva è infatti capace di svolgere una vasta serie di compiti: dalla trasmissione, perlopiù inconscia, degli stati interni di un soggetto attivo, fino al controllo e alla simulazione di quegli stessi stati.

I “segnali fisici”, invece, abbracciano tutta una serie di atteggiamenti che accompagnano i confronti diretti, ovvero, quelli presenti nel cosiddetto faccia a faccia. Essi riguardano gli aspetti posturali, gestuali e mimici, con un particolare riferimento a quelli mimico-facciali che, come è stato ampiamente appurato, hanno un accesso diretto ai canali psichici di richiamo delle emozioni.

sabato, aprile 15, 2006

sul linguaggio

Il campo specifico della nostra ricerca è quello della voce: può sembrare paradossale che si parli di voce in un “luogo silente” come quello del BLOG, il che ci spinge ad alcune considerazioni sul “comunicare” tra esseri umani.

Se spostassi le lancette della macchina del tempo a 200.000 anni fa, mi troverei accanto ad esseri legati tra loro da rapporti strettissimi, emotivi. Comunicherei con pochi simili, una banda di 12-20 persone, un “corpo unico”, in cui ciò che accade all’altro accade anche a me. In quell’era si comunicava con il suono della voce, nelle sue mille sfumature possibili.
Poi i gruppi si allargarono a tribù di oltre cento persone: i “suoni emotivi” non sono più sufficienti, si ha bisogno di scambiare informazioni anche con chi non fa parte della stretta cerchia di chi si ama. Questa è l’epoca in cui sorge il linguaggio, primi passi di una categorizzazione del mondo che riduce la sua enorme complessità ad una scala gestibile.
Inizia così un lungo cammino che porterà alla verbalizzazione e poi alla scrittura, quest’ultima in grado di comunicare attraverso codici grafico-simbolici recanti in sé informazione, prescindendo dalla contemporanea presenza fisica di chi la produce e di chi la fruisce.
Il linguaggio scritto ha portato dunque all’estremo, ciò che era stato avviato dal linguaggio parlato: la capacità funzionale di costruire un “analogo” del mondo reale, consentendoci di abbreviare molti processi e pervenire a decisioni più soddisfacenti. Tutto questo sembra però avere un prezzo: quello di un progressivo allontanamento dalla sostanza naturale delle cose.
L’homo sapiens non rifletteva sul da farsi, capiva agendo, in un autentico rapporto con l’ambiente. Lo sviluppo del linguaggio umano, facilitando la comunicazione attraverso una sorta di compressione cognitiva della realtà, ha invece notevolmente ridotto il potenziale emotivo investito nella comunicazione.
Questo potenziale rimane oggi a disposizione di pochi: cantati, attori, individualità “sovversive”, che per talento innato a volte riescono a rievocare quel mondo di autentica relazione.

Nelle “prossime puntate” il Blog di Fatefaville, attraverso il potente ed ambiguo strumento di cui dispone (la scrittura!), tenterà di creare un luogo di scambio su ciò che ruota attorno all’argomento “voce”.
Fateci sapere…